Una delle ultime citazioni presentate nella nostra pagina Linkedin all’interno della serie #teamtor, era dedicata a Jim Valvano. Il grande allenatore della pallacanestro universitaria, portava la sua riflessione su uno degli elementi chiave del gioco di squadra:

“Mio padre mi ha donato il più grande regalo che può essere fatto a un’altra persona: credeva in me.”

Parole che già da sole valgono come importante stimolo, ma che possono assumere una valenza ancora più profonda se messe di fianco a una storia, sempre del mondo dello sport, ma più lontana nel tempo.


Nella primavera del 1921, un giovane giocatore di baseball si presentò per un provino al Polo Grounds, campo di gioco dei New York Giants. Il selezionatore era John McGraw, l’allenatore della squadra newyorchese, considerato uno dei migliori talent scout dell’epoca.
Il ragazzo si chiamava invece Lou Gehrig, destinato a diventare uno dei nomi più importanti di questo sport.

Il provino partì nel migliore dei modi. In fase di attacco, Gehrig colpì diverse palle lungo tutta la profondità del campo. Era vivace e veloce: si poteva intravedere tutta la sua potenza in battuta. Dopo la valutazione delle capacità offensive, il test si spostò sulla difesa della prima base. La prima palla gli passò tra le gambe. Il provino finì in quel momento: per McGraw era stato abbastanza.

La storia del baseball ha dimostrato l’enormità dell’errore di valutazione commesso dall’allenatore dei Giants. Aveva giudicato il ragazzo in un istante: Gehrig era poco più che un bambino, timido e inesperto. Così facendo aveva perso la possibilità di avere al servizio della squadra uno dei giocatori più leggendari della storia del batti e corri. Approdato ai rivali Yankees, Gehrig (oltre a giocare con successo in difesa come prima base) avrebbe battuto centinaia di fuoricampo e vinto sei campionati delle serie maggiori.


Quale lezione emerge da questa vicenda rispetto alla valutazione del talento?

Le persone sono un codice: anche i nostri collaboratori e i candidati che dobbiamo selezionare e valutare. Il rischio, a volte, è quello di sentirsi troppo sicuri delle nostre capacità di giudizio, saltare troppo in fretta alle conclusioni, che potrebbero non essere esatte.

 

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“Ci parli di lei“

Il candidato è appena entrato nella stanza (o, nello scenario 2020, si è appena attivato Zoom…).

Nonostante sia una domanda semplice, molte persone (soprattutto quelle meno esperte) tendono ad andare in difficoltà.

Non si tratta necessariamente di un quesito posto solo per rompere il ghiaccio. 

L’obiettivo del selezionatore è anche quello di testare la capacità del candidato nel gestire l’imprevisto e saper organizzare il proprio pensiero; di trovare una validazione a quanto già riscontrato dall’analisi di curriculum e cover letter.

Da qui l’importanza di farsi trovare preparati con un discorso chiaro, quello che negli Stati Uniti si chiama “signature speech”. Informazioni ben definite e strutturate rispetto alla sfera professionale: dettagli su  carriera, competenze e percorso di studi.

Magari parlando anche dei propri punti di forza e illustrando le abilità migliori,  quelle che per l’azienda possono rappresentare un valore aggiunto.

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Davanti a noi un ottimo curriculum vitae accompagnato da una brillante cover letter. Ci troviamo di fronte al candidato perfetto?

Regina Hartley, da oltre 25 anni responsabile della talent acquisition del gruppo UPS, propone una prospettiva differente.

Nella scelta tra l’avatar del candidato ideale e quella di un altro profilo con una storia personale meno limpida e lineare (che viene definito “scrapper”), Hartley è portata a dare una possibilità proprio a quest’ultimo.

In questo suo discorso TED (in cui sono disponibili anche i sottotitoli in italiano), l’esperta manager statunitense ci racconta di essere stata una di loro, cresciuta circondata dalle avversità: questo le ha fornito l’empowerment e la grinta per resistere in un ambiente di lavoro sempre in continuo cambiamento.

“Scegliete il profilo sottovalutato dotato di armi segrete come passione e motivazione. Assumete lo Scrapper”.

 

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E’ una tecnica che ha preso piede negli ultimi anni nel mondo del recruiting nordamericano, da utilizzare come ultimo test, prima della scelta finale.

Non si tratta, chiaramente, di una colazione normale. Il personale del locale riceve infatti l’indicazione di modificare, intenzionalmente, l’ordine del servizio: il dolce insieme alla uova, il tè al posto del caffè, e così via.

Qual è l’obiettivo di questa messa in scena? Testare la reazione dei candidati, in situazioni inaspettate.

Si innervosiscono?
Si comportano in modo scortese?
Oppure, gestiscono l’imprevisto con intelligenza e savoir faire?

Poter vedere come un candidato affronta i piccoli inconvenienti può sembrare un dettaglio secondario. In realtà, vengono alla luce aspetti profondi della personalità che non sarebbero emersi in una modalità di colloquio classica.

Se siete manager e selezionatori, cosa ne pensate di questa strategia?

Se siete candidati, qual’è la situazione più strana che avete affrontato durante un colloquio?

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E’  possibile fare una valutazione della performance sul lavoro analizzando il tipo di browser che si preferisce usare?

Adam Grant, stimato professore alla Wharton School dell’Università della Pennsilvanya, sostiene questo (e molto altro ancora) nei suo libri Originals: How Non-Conformists Move the World e Give and Take: A Revolutionary Approach to Success.

Dall’analisi di Grant, emerge che gli utilizzatori di Firefox e Chrome sono molto più performanti di coloro che scelgono Explorer e Safari. La loro permanenza media nelle stesse posizioni lavorative supera quelle dell’altro gruppo del 15%.

Quale può essere la ragione?

In un discorso tenuto presso un evento di TED (che potete vedere, anche con i sottotitoli in italiano, utilizzando questo link), il professore americano ha raccontato le tre cose che permettono di riconoscere gli Originals.

Grant spiega che si tratta di persone anticonformiste, che non si limitano ad avere nuove idee ma se ne fanno promotori. Essi portano cambiamento e creatività: sono coloro sul cui successo si è pronti a scommettere.

Ma perchè è importante saperli riconoscere? Sono le persone  che un datore di lavoro vorrebbe sempre assumere.


La cosa che colpisce di più rispetto agli Originals, è che sono diversi da come ce li si potrebbe aspettare.

Per individuare uno di loro, è necessario rispondere a tre domande.

E’ soggetto ad episodi di Vuja De?

Tende a procrastinare?

Ha paura di non riuscire ad agire?

Vediamo insieme le risposte


Vuja De: che cosa un browser può raccontare delle persone

La ragione per cui gli Originals usano Firefox e Chrome piuttosto che Internet Explorer o Safari, non ha nulla a che vedere con la performance. Grant spiega che tutti i browser menzionati hanno prestazioni pressapoco simili. La differenza sta in quello che gli Originals pensano: per loro è importante non accettare mai la soluzione di default.

Tutti sanno che cosa è un déjà vu.

Con il vuja de, invece, si riesce a percepire in un modo completamente nuovo qualcosa già visto in precedenza.

Stephen Covey ha chiamato questa situazione cambiamento di paradigma (paradigm shift).

Per Grant, è possibile allenare il proprio cervello a vedere il mondo in modo diverso, mettendo in discussione le impostazioni di default della propria vita.


Procrastinazione: come vederla sotto un altro punto di vista

Il professore della Wharton, individua anche un altro tratto comune tra gli Originals: la tendenza a procrastinare (anche se non troppo).

Di solito, chi aspetta l’ultimo momento per fare le cose perde tempo in cose non importanti, e non crea nuove idee. Sul lato opposto, le persone iperattive sono sempre in un tale stato di frenesia da non avere spazio per la creazione di pensieri originali. Gli Originals sembrano invece porsi in un punto strategico tra questi due estremi: per loro un minimo di procrastinazione sembra quindi dare il tempo necessario a valutare idee divergenti, pensare in modo non lineare, trovare collegamenti inaspettati.


La paura di non riuscire ad agire : Elon Musk

L’ultimo tratto caratterizzante che gli Originals hanno in comune è la paura di non riuscire ad agire. L’esempio classico è Elon Musk: Grant racconta che l’imprenditore gli ha raccontato che non si aspettava il successo della Tesla, ed era sicuro che ill primo lancio dello SpaceX non sarebbe arrivato in orbita.

Nonostante questo, era per lui fondamentale provarci.

In ambito aziendale, molte idee che potrebbero portare ad enormi risultati rimangono nascoste per via della paura di sbagliare o di essere giudicati.

Anche gli Originals hanno cattive idee, ma le vedono come uno step indispensabile per la generazione di quelle nuove. Vale quindi sempre la pena provare ad agire.


Arrivati a questo punto, abbiamo tutti gli elementi per identificare un Original, e sfruttarne al meglio il potenziale.

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Mancano pochi giorni alla partenza di Nobìlita B2B, non il solito appuntamento commerciale tra società di consulenza e prospect, ma vere e proprie sessioni di aggiornamento sui temi organizzativi più strategici a livello nazionale e internazionale.

Al festival parteciperà anche il team di Tor – Recruitment & HR Consulting, con due interventi dei nostri consulenti.

Potete prenotare gratuitamente  il vostro posto e ricevere il collegamento per lo streaming, a questo link.

 

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Quando si parla di cambiamento, sono due gli aspetti che devono essere considerati.

Da una parte il cambiamento che viene scelto come percorso di miglioramento aziendale: ad un’analisi preliminare, segue l’implementazione degli step successivi, con una visione a lungo termine.

Dall’altra, invece, la risposta all’emergenza: si opera subito, in modalità provvisoria, senza avere definito i parametri di esecuzione e valutazione.

La seconda ipotesi è quella che la maggior parte delle aziende italiane si trova a vivere in questo periodo, in particolar modo rispetto al lavoro in remoto ed alla gestione di clienti, partner e fornitori.

Usciti da una prima fase di emergenza pura, l’obiettivo primario diventa quello di consolidare il cambiamento “forzato”, in un modello operativo in grado di portare benefici a medio e lungo termine. Quando parliamo di smart working e di digitalizzazione dei processi di marketing e vendita, non stiamo affrontando un tema nuovo. Si tratta di un trend già in essere non solo in aziende nate in una dimensione virtuale, ma presente in tutto il mondo,ad ogni livello.

Un interessante articolo apparso su Ninja Academy, ipotizza che la maggior parte di posti di lavoro post Covid-19 saranno basati sulla flessibilità: il risultato sarà quindi un maggiore livello di alfabetizzazione digitale all’interno delle aziende italiane.

Per finalizzare queste dinamiche, è necessario canalizzare queste competenze attraverso un processo che preveda:

– mappatura delle attività aziendali, propedeutica ad una loro corretta digitalizzazione
– valutazione della procedura di sicurezza dei dati
– rispetto delle normative sulla privacy di collaboratori, clienti e fornitori

Alla base di tutto questo vi sarà poi la necessità di individuare candidati qualificati e preparati a queste nuove modalità di lavoro e di pensiero.

Le tessere del puzzle sono molte: chi riuscirà ad avere una migliore visione d’insieme, riuscirà a garantire a se stesso ed alla propria azienda risultati e benefici a lungo termine.

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Come tanti attori a inizio carriera George Clooney era solito presentarsi ai provini ed essere puntualmente scartato.

La futura star ricorda che il suo desiderio, il suo sogno, era quello di fare colpo sui produttori. Quando questo non accadeva si sentiva ferito ed offeso.

Uno scenario simile a quella che molti di noi hanno provato di fronte ad un colloquio di lavoro andato male.

Clooney racconta che le cose cambiarono nel momento in cui  iniziò a pensare a come avrebbe visto le cose se si fosse trovato al posto dei produttori.

Per loro il casting aveva l’obiettivo di risolvere un problema attraverso la selezione dell’attore più idoneo al ruolo. E nel fare questo nutrivano l’illusione che il prossimo ad entrare dalla porta avrebbe potuto essere il migliore.

Grazie a questa intuizione, iniziò a vedere l’audizione non solo come opportunità per esprimere il proprio talento, ma anche per denotare il valore aggiunto che avrebbe rappresentato per la produzione. Dimostrare di aver capito ciò di cui regista e produttori avevano bisogno, e che lui avrebbe incarnato in ognuna delle fasi di lavoro.

Come la storia sia andata a finire, lo sappiamo già.

Ricordate, quindi, che più è importante il ruolo per cui ci candidiamo, più diventa essenziale vedere le cose da un diverso punto di vista. Il team di Tor è al vostro fianco per farlo nel miglior modo possibile.

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Già da tempo la tecnologia digitale offre l’opportunità di affrontare un colloquio online.
Si tratta di una dinamica molto utile in fase di primo contatto tra le aziende ed i candidati: in caso di esito positivo si procede poi con il più tradizionale incontro di persona.

Di fronte all’emergenza Covid-19 anche questa seconda fase può essere gestita a distanza.
Ecco alcuni suggerimenti per arrivare preparati all’appuntamento.

1) Strumentazione tecnica
Il Recruiter vi comunicherà la piattaforma da utilizzare. Effettuate un test preliminare per verificare il corretto funzionamento dei dispositivi necessari: computer, videocamera e microfono (conviene sempre utilizzare un microfono esterno invece di quello del pc). Ricordate che in questo periodo anche le connessioni internet sono sotto stress: se siete in casa con altre persone accertatevi che le persone che vivono con voi non utilizzino troppa banda (Netflix, streaming video, etc.). Utilizzate le cuffie per evitare all’intervistatore lo spiacevole effetto del rimbombo della sua voce.

2) Ambiente
Compatibilmente con la vostra situazione abitativa, scegliete un ambiente isolato dal resto dell’abitazione. Anche una voce o un suono che a voi sembrano lontani, vengono catturati dal microfono. Uno sfondo neutro è la soluzione migliore. Accertatevi che la videocamera vi riprenda ad altezza occhi. Scegliete una distanza intermedia, che rispecchi l’esperienza dal vivo: nè troppo vicina, nè troppo lontana. Un’errata gestione delle distanze può generare disagio anche in remoto.

3) Logistica
Per prevenire i possibili inconvenienti dell’ultimo momento, siate pronti e disponibili con abbondante anticipo rispetto all’orario che vi è stato assegnato.

Restano poi validi tutti gli accorgimenti utili per i colloqui dal vivo:
– abbigliamento e look devono essere consoni all’occasione ed alla tipologia di interlocutore
– informatevi sull’azienda o sul Recruiter che dovrete incontrare. Linkedin ed il sito web aziendale sono sempre ottime fonti
– preparate anche voi domande di approfondimento da rivolgere al vostro interlocutore

Insomma, ricordatevi che anche online bisogna subito fare una buona prima impressione.

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